Palazzo Ranzi
editore
Edizioni PAT
anno
2011
luogo
Italia
opera pubblicata
Restauro facciate palazzo Ranzi
pagine
0-61
isbn
978-88-7702-319-3
autori
Elisa Burnazzi e Fabio Campolongo
progettazione
Elisa Burnazzi, Davide Feltrin
foto
Carlo Baroni
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Magazine
Palazzo Ranzi a Trento
(Un cantiere alle soglie d’Italia)
Presentazioni
Quindici illustri trentini si affacciano come dai palchi di un teatro su piazza Santa Maria Maggiore.
Da centocinquant’anni ci guardano passare, spesso frettolosi, sotto i loro occhi perfettamente plasmati nella terracotta, secondo quell’arte antica che attraverso la scultura rinascimentale giunse sino ai maestri neoclassici. Il recente restauro di questa facciata ci invita a incrociare lo sguardo di coloro che ci hanno preceduto. Andrea Malfatti, lo scultore che nel 1862 realizzò i restaurati busti, diede lustro a quella scuola di scultori e artisti trentini che portarono in tutta Europa il nome della nostra terra. La storia di questo palazzo apre una finestra sull’Ottocento e sul rapporto tra le arti e la costruzione della Trento moderna, dove urbanistica, architettura, archeologia, scultura e pittura tentavano di dare forma e qualità alla città. Artisti, uomini di lettere e scienze, imprenditori, funzionari e politici, indagando le radici culturali e le risorse della propria terra, cercavano di rispondere alle necessità di una società in trasformazione. Con sacrificio e fantasia operavano in quel mercato sempre più complesso e concorrenziale che aveva messo in crisi anche le realtà produttive trentine. Francesco Ranzi, che costruì il palazzo al quale dedichiamo questa pubblicazione, fu artigiano, coraggioso imprenditore, attento datore di lavoro, appassionato archeologo. La storia di Ranzi ci invita a ragionare su questi anni di metà Ottocento, in cui ogni confine abbattuto dall’economia venne rafforzato da nazioni, regni e imperi, con opere militari e dazi. Furono anni d’incertezza politica ed economica, di rivoluzionarie invenzioni, di complessa e disorientante ricchezza culturale, di messa in discussione di ogni certezza e di progettazione di un futuro del quale si avvertiva la portata rivoluzionaria. In questi anni Ranzi cercò, attraverso la conoscenza del passato, quella continuità necessaria per innovare il presente. Questi volti, che si affacciarono verso Innsbruck, trent’anni prima del celebre monumento elevato a Dante nella Trento austro-ungarica, sembrano farsi portavoce di quella istanza che chiedeva maggior autonomia politica nella gestione delle risorse economiche, fondando le proprie richieste sul riconoscimento delle specificità culturali di questa terra. Per tutta la seconda metà dell’Ottocento il Trentino fu un laboratorio di idee, dove si misero a punto proposte per la creazione di un Land autonomo da Innsbruck, ma all’interno di quel vasto impero che abbracciava e univa popoli con lingue e culture diverse. Nelle pietre e nelle terre cotte di questo palazzo, si sovrappongono storie e voci diverse: sono quelle di Francesco Ranzi, Francesco Saverio Tamanini e Andrea Malfatti. Nel cantiere lavorano insieme il committente Ranzi, titolare di un’impresa di costruzioni a servizio della corona d’Austria e contemporaneamente sostenitore delle origini culturali italiane della sua terra, il libero professionista Tamanini, ingegnere dello Stato asburgico e l’artista Malfatti, sostenitore delle battaglie garibaldine. In questi mesi nei quali, anche a livello nazione, si torna a discutere sul futuro del Trentino, lo studio di questo palazzo ci invita a non smettere di indagare le radici profonde della nostra cultura e della storia di una autonomia, chiesta a Vienna e costruita con Roma. Questa autonomia è l’eredità di tutti coloro che negli anni l’hanno costruita, in particolare di Alcide De Gasperi, deputato del Parlamento austriaco, parlamentare e ministro degli Affari esteri del regno d’Italia, capo del governo dell’ultimo regno d’Italia, ed infine, capo del primo governo della Repubblica italiana.
Franco Panizza
Assessore alla Cultura, Rapporti europei e Cooperazione
della Provincia autonoma di Trento
Presentazioni
Con i suoi materiali, la sua esperienza e la sua vocazione alla ricerca, Italcementi è da sempre al fianco dell’architettura, sia nell’elaborazione di progetti innovativi, sia nella valorizzazione del patrimonio esistente. Dalle pionieristiche e ardite sperimentazioni con Gio Ponti e Pier Luigi Nervi per il grattacielo Pirelli e l’Aula delle udienze pontificie, alla collaborazione con i più grandi progettisti dei nostri giorni – per citarne solo alcuni: Richard Meier, Frank O. Gehry, Santiago Calatrava e Dominique Perrault -, l’impegno dell’azienda si estende fino alle opere di recupero e al restauro di palazzi e monumenti che rappresentano testimonianze dirette della storia del nostro Paese da preservare nel tempo. Il rispetto per la storia e le tradizioni è infatti un valore per Italcementi: un’azienda nata a Bergamo nel 1864 e cresciuta insieme all’Italia, oggi fra le prime dieci società industriali italiane e tra le più innovative al mondo nel campo dei materiali da costruzione, che mantiene saldo il legame con il territorio e con le comunità locali all’interno dei quali opera. Il restauro di palazzo Ranzi, a tutt’oggi di proprietà di Italcementi prosegue quel percorso di recupero architettonico e valorizzazione degli immobili storici della società avviato già da tempo. Con il restauro di palazzo Ranzi, Italcementi ha voluto contribuire a ridonare all’edificio la sua antica bellezza testimoniando così il profondo legame che unisce l’azienda, non solo al palazzo, ma anche alla città di Trento e ai suoi abitanti.
Italcementi S.p.A.
Prefazione
I progetti di restauro richiedono la ricerca, il riordino e l’interpretazione di documenti e materiali. Le informazioni così raccolte, oltre ad offrire utili indicazioni per le scelte di cantiere, mettono a disposizione di studiosi e cittadini, dati e notizie. Facendo proprio lo spirito di Francesco Ranzi, costruttore, imprenditore e archeologo trentino, divulghiamo le informazioni acquisite nel lavoro di restauro, offrendo a tutti la possibilità di vedere da vicino i raffinati busti in cotto che Andrea Malfatti realizzò ad ornamento della facciata. Desideriamo condividere inoltre gli interrogativi e le riflessioni che ci hanno accompagnati in questo restauro, temi che spostano l’interesse dalle questioni tecniche a quelle estetiche ed etiche. Tali questioni, essendo indipendenti dal gusto e dalle mode, possono offrire un contributo significativo anche al dibattito contemporaneo sui rapporti, sempre più labili, tra arte, architettura, città, territorio e identità culturale. La costruzione di palazzo Ranzi ed il restauro delle sue facciate, commissionato e finanziato in toto da Italcementi S.p.A., senza contributi pubblici – cosa assai rara in Trentino – sono iniziative che nascono da imprenditori impegnati nel campo delle costruzioni. La pubblicazione stessa è stata finanziata dalla proprietà e dalla ditta Nerobutto Tiziano & Francesco S.n.c., che ha eseguito i restauri. Lo studio della costruzione dell’edificio ci interroga pertanto sul ruolo della committenza e sull’importanza che, iniziative private come quelle di cui parliamo, hanno nel definire l’immagine della città e la qualità degli spazi urbani; è il tema stesso dell’architettura intesa come arte eminentemente sociale, dove il committente interpreta la costruzione di una facciata quale atto civile destinato a dare forma ad uno spazio pubblico. Lo sguardo ravvicinato con i più celebri artisti trentini dall’epoca del “risorgimento delle arti” posti in facciata, ci invita ad interrogarci sulla complessa figura di Francesco Ranzi, committente, costruttore e coprogettista dell’opera, interessato sia all’elevazione del palazzo, sia alla realizzazione del necessario scavo di fondazione, preziosa occasione per indagare il cuore della città antica. La sua volontà di registrare e dare significato ai frammenti del passato, che emergevano negli scavi da lui compiuti in innumerevoli aree del centro cittadino, è rappresentata nella facciata della sua casa, fondata su quelle pietre romane che alimentano il mito classico, evocato dalle istanze risorgimentali e irredentiste trentine. Questo fronte urbano, che egli sceglie di realizzare in forme neorinascimentali richiede letture su piani diversi. Economia, politica ed arte sono questioni che si intrecciano con la storia dell’impero austro-ungarico e del regno d’Italia; a queste pagine, che leggiamo attraverso la memoria degli avvenimenti risorgimentali, si sovrappongono le vicende personali del suo costruttore, evocate dallo sguardo di due figure femminili, che, ai lati del portone, accolgono il visitatore. Il palazzo, che più modestamente il suo proprietario chiama casa, è un autoritratto di Ranzi, un omaggio alle arti, a Trento ed alle persone che egli ama. Esso documenta quegli anni, racconta le storie dei molti personaggi che ruotarono attorno a questo cantiere, ed offre un ulteriore contributo alla ricostruzione di quelle complesse e spesso intricate trame di rapporti politici e interessi commerciali, che hanno caratterizzato questa terra di confine negli anni dell’Unità d’Italia.