Abitare
editore
RCS MediaGroup
anno
2017
luogo
Italia
opera pubblicata
Centro di aggregazione giovani ed anziani
pagine
42-44
numero
568 – ottobre 2017
autrice
Sara Banti
autrice
Elisa Burnazzi
foto
Carlo Baroni
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Magazine
Spazi terapeutici
Strutture agili per pochi pazienti, spesso immerse nella natura e con interni molto accoglienti. Sono le più recenti architetture pensate per la lungo-degenza
La prima a pensarci è stata una paziente, anche se un po’ speciale. La moglie del teorico dell’architettura e paesaggista Charles Jencks, Maggie Keswick, nei primi anni Novanta fu ricoverata più volte nel reparto oncologico di un ospedale scozzese, dove sperimentò con sgomento il tipico squallore di cameroni sovraffollati e pareti illividite dai neon. Pensò che se l’architettura riesce a demoralizzare i pazienti, allora avrebbe potuto anche essere in grado di confortarli. Una semplice considerazione che Maggie ha usato come criterio per dare vita (con Charles) a una nuova generazione di centri di supporto per pazienti oncologici: evoluti, accoglienti, immersi nella natura e disegnati dai più grandi architetti in diverse parti del mondo. Oggi sono più di venti, da Edimburgo a Hong Kong (in queste pagine vedete il Maggie’s firmato da Norman Foster a Manchester, mentre è in costruzione quello di Amanda Levete a Southampton). Da allora la necessità di sviluppare un’architettura specifica per la lungodegenza – che si tratti di una semplice casa di riposo o di un padiglione per i malati di Alzheimer – è diventata un’esigenza sempre più sentita e diffusa. E una palestra di creatività per tanti progettisti. Al contrario di quanto accade per gli ospedali – grandi “organismi” con più reparti e servizi comuni (dalle sale operatorie agli ambulatori) capaci di accogliere un gran numero di pazienti anche in regime di emergenza – queste nuove strutture sono piccole, super specializzate e riescono a garantire un’alta qualità ambientale grazie a un basso numero di degenti. Sorgerà nei prossimi mesi l’Hospice pediatrico Seràgnoli di Bologna concepito da Renzo Piano: un padiglione di 4.500 metri quadrati immerso in un bosco, dove ai (soli) 14 pazienti è garantito un benessere psicofisico che passa attraverso gli affacci sul paesaggio e i particolari costruttivi e d’arredo: dal giardino centrale alla disposizione delle vetrate, alla scelta della giusta illuminazione, tutto è minuziosamente pensato per semplificare la vita e offrire la massima piacevolezza.
Aspetti cruciali per chi ha un’esistenza ritmata dalle cure. Lo sa bene lo studio danese Nord Architects, tra i più esperti del momento in questo campo. Il suo hospice inaugurato nel 2016 nel centro di Copenaghen, ideato con la partecipazione dei pazienti e degli abitanti del quartiere, fornisce un mix di privacy e interazione con la vita cittadina talmente perfetto da essere diventato un modello per la progettazione di strutture di ricovero in ambito urbano. E il successo ha subito fruttato una nuova commessa: l’Alzheimer Village che verrà realizzato a Dax, Francia (mentre il progetto sempre di Nord Architects per il futuro Centro diabetici dell’Herlev Hospital nei pressi di Copenaghen si è già qualificato nella prima fase del concorso). Ad accomunare molte di queste nuove “architetture terapeutiche” c’è spesso l’uso del legno. Non solo per la qualità positiva di richiamare la natura e di infonderla negli ambienti (anche attraverso il suo profumo), ma anche per le doti di flessibilità e di leggerezza che ne fanno un materiale ideale per la costruzione di piccoli padiglioni a basso impatto ambientale immersi nel verde. Michele De Lucchi impiega il legno, su un basamento di sasso, per il Centro Alzheimer dell’associazione Casainsieme Onlus in costruzione a Salerano Canavese (Torino). Ed è rivestito di larice anche il Centro di aggregazione giovani e anziani firmato dai riminesi Burnazzi Feltrin a Poggio Picenze (L’Aquila), un interessante intarsio di corpi edilizi, per un totale di 240 metri quadrati su un unico livello, che nel rimpiazzare la precedente struttura distrutta dal terremoto del 2009 propone volumi a zig-zag dichiaratamente (e liberamente) ispirati a un’opera d’arte mitica: il Grande Cretto realizzato da Alberto Burri a Gibellina dopo il terremoto del 1968. Cemento e acciaio invece per il nuovissimo Centro dialisi per gli aborigeni progettato da Iredale Pedersen Hook Architects a Fitzroy Crossing, nel nord dell’Australia. Qui gli architetti hanno dato forma a un “villaggio terapeutico” per 19 pazienti, con sei piccole case che ruotano attorno al padiglione centrale dove hanno luogo le cure. Insieme all’uso vivificante del colore nella pannellatura del Centro per la dialisi, anche in questo caso grande attenzione è stata posta nel progetto dello spazio aperto. Con la scelta di una vegetazione che ricrea l’ambiente tipico del “bush”.
Flexible structures for just a few patients, often in natural surroundings and with very pleasant interiors. They are the most recent facilities designed for long stays in hospital
The first person to come it with this idea was a patient, although a rather special one. The wife of the architectural theorist and landscape designer Charles Jencks, Maggie Keswick, was admitted several times to the cancer ward of a Scottish hospital in the early 1990s, where she experienced with dismay the typical environment of overcrowded rooms and walls livid with neon. If architecture could demoralize patients, as she put it, could it not also prove restorative? This was the thought that Maggie used as a basis for the development (together with Charles) of a new generation of centres for the support of cancer patients. These places are technologically advanced, welcoming, located in natural settings in various parts of the world and designed by great architects. Today there are more than twenty of them, in places which range from Edinburgh to Hong Kong (the one in these pages is the Maggie’s Centre designed by Norman Foster in Manchester, while Amanda Levete’s in Southampton is under construction). Since then the need to develop a specific architecture for long-stay patients – be it that of a simple old people’s home or a facility for people suffering from Alzheimer’s – has become ever more widely felt. And this has posed a challenge to many architects in terms of creativity. In contrast to hospitals – large “organisms” with a series of departments and common services (from operating theatres to outpatient clinics) capable of handling a high number of patients in a range of situations including those of an emergency – these new structures are small, highly specialized and able to ensure high environmental quality owing to a relatively small number of patients. In coming months work will begin on the Seràgnoli Paediatric Hospice in Bologna designed by Renzo Piano, with a pavilion of 4500 square meters located in a wood, where the (just) 14 patients are guaranteed psychophysical well-being plus views of the landscape and where the details of construction and furnishing, from a central garden to the arrangement of the windows and the choice of the right lighting, have been painstakingly designed so as to simplify things and provide the most pleasant of surroundings. These are crucial features for those whose life turns around medical treatment. The Danish Nord Architects studio, currently among the most experienced in this field, is well aware of this. Its hospice, opened in 2016 in the centre of Copenhagen and conceived with the participation of patients and local residents, offers a perfect a mix of privacy and interaction with the life of the city and has become a model for the design of hospital facilities in an urban setting. Its success has immediately earned the studio a new commission: the Alzheimer Village that will be built at Dax in France (while Nord Architects’ design for the future Diabetes Center of Herlev Hospital close to Copenhagen has already made it through the first phase of the competition). What many of these new works of “therapeutic architecture” have in common is the use of wood. This is not just linked to an ability to connect to the natural world and infuse this sense into settings (in part through its very scent), but also for its flexibility and lightness that make it an ideal material for the construction of small pavilions with a low environmental impact immersed in vegetation. Michele De Lucchi has used wood, on rock base, for the Centro Alzheimer of the Casainsieme non-profit association under construction at Salerano Canavese (Turin). The community centre for the young and old designed by Burnazzi Feltrin Architects of Rimini at Poggio Picenze (L’Aquila) is also faced with larch, and contains an interesting set of interlocking blocks covering a total of 240 square metres on a single level. A replacement for the previous structure, destroyed by the earthquake in 2009, it proposes zig-zag volumes which are declaredly (and freely) inspired by a legendary work of art: the Grande Cretto made by Alberto Burri in Gibellina in Sicily after the earthquake of 1968. Concrete and steel have, on the other hand, been used for a brand new Renal Centre for Aboriginal people designed by Iredale Pedersen Hook Architects in Fitzroy Crossing in the north of Australia. Here the architects have created a “therapeutic village” for 19 patients, with six small houses laid out around a central pavilion in which treatment will be given. Along with the vivid use of colour in the panelling of the Renal Centre, here great attention has been paid to the design of the open space, with a choice of a vegetation that re-creates an environment typical of the local bush.