L’Adige
editore
Società Iniziative Editoriali
anno
2012
luogo
Italia
opera pubblicata
Restauro facciate palazzo Ranzi
pagina
14
numero
16 febbraio 2012
autori
Alessandro Franceschini
progettazione
Elisa Burnazzi, Davide Feltrin
foto
Carlo Baroni
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Magazine
Con Ranzi nel cuore della città
Trento, in piazza Santa Maria Maggiore, da 150 anni fa bella mostra di se la quinta scenografica di palazzo Ranzi, opera architettonica dell’omonimo Francesco che venne inaugurata proprio durante gli anni di unità d’Italia, quando anche nell’”austriaco” capoluogo trentino cominciava ad alzarsi una frizzante aria risorgimentale.
Si tratta di una delle più belle facciate della città, resa originale dalla presenza scultorea di quindici volti di personaggi illustri trentini,realizzati dall’intagliatore Andrea Malfatti, che “sbirciano” la città da altrettanti oculi posti in corrispondenza di porte e finestre, Recentemente il palazzo, ora di proprietà dell’Italcementi Spa, e stato oggetto di un attento restauro, curato dagli architetti Elisa Burnazzi e Davide Feltrin, i cui studi preparatori ed indagini archivistiche sono confluiti in un’importante pubblicazione (curata dalla stessa Burnazzi e da Fabio Campolongo e dal titolo «Palazzo Ronzi a Trento. Un cantiere alle soglie d’Italia») che sarà presentato oggi a Trento , alle 18 nello spazio archeologico sotterraneo del Sass.
Il volume, organizzato nell’elegante «mise en page» di Mattia Micheletti e contenente i contributi scientifici di Gianni Ciurletti, Julio Augusto Fantone, Davide Feltrin, Luciana Giacomelli e Valentina Recanati, parte dal pretesto dell’architettura urbana di palazzo Ranzi per compiere un viaggio più articolato dentro il contesto storico in cui è inserita la sua costruzione, e in particolare nell’ambiente culturale e artistico Trentino della seconda metà dell’Ottocento. Un periodo di vero e proprio fiorire della civiltà, un «rinascimento economico» si e soliti dire, caratterizzato da grandi visioni per il futuro e di progetti perseguiti da una classe di politici e imprenditori di stampo liberale ma, al contempo, attenti alla condizione sociale del popolo.
«La costruzione di palazzo Ranzi e il restauro delle sue facciate – spiegano gli autori – sono iniziative che nascono da imprenditori impegnati nel campo delle costruzioni. Lo studio della costruzione dell’edificio ci interroga pertanto sul ruolo della committenza e sull’importanza che iniziative private hanno nel definire l’immagine della città e la qualità degli spazi urbani. Si tratta del tema stesso dell’architettura intesa come arte eminentemente sociale, dove il committente interpreta la costruzione di una facciata quale atto civile destinato a dare forma ad uno spazio pubblico».
La storia del palazzo incrocia la storia della città alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento dentro un angolo urbano ricco di sovrapposizioni storiche molto complesse: in quel luogo, tanto per dire, passavano le mura settentrionali del «castrum» romano con annessa roggia di protezione. Proprio per la presenza del corso d’acqua, il secolo dei lumi vede la presenza su questo sedime di un mulino Nel 1861 Francesco Ranzi acquista alcuni di questi lotti con l’obiettivo di costruire «una fabbrica». Questo costruttore, che si avvale della collaborazione dell’architetto Francesco Saverio Tamanini, lavora sulle murature preesistenti per dar vita da un nuovo organismo edilizio, reso unitario dal grande prospetto che si sviluppa su quattro livelli. Questa facciata – che è il grande tema di questo edificio- è suddivisa verticalmente, per mezzo di paraste, in cinque parti, creando in tal modo un impianto simmetrico, rafforzato anche dall’ornato della ghiera, che segnala la centralità del portone principale- Al piano terra troviamo cinque accessi con arco a tutto sesto, mentre al secondo e terzo e piano sono presenti delle ampie bifore. «Sotto l’architrave – spiega Campolongo – che corona la facciata vi sono otto oculi, sempre in asse con le aperture dei piani sottostanti. Otto acroteri a candelabro, posti in asse alle paraste, concludono il fronte, accentuando così la verticalità di questa facciata ottocentesca, d’antica eleganza».
Il palazzo, che più modestamente il suo proprietario chiamava casa, è un autoritratto di Ranzi, un omaggio alle arti, a Trento ed alle persone che egli ama. «L’edificio – spiega Burnazzi – documenta quegli anni, racconta le storie dei molti personaggi che ruotano attorno ai questo cantiere, ed offre un ulteriore contributo alla ricostruzione di quelle complesse e spesso intricate trame dei rapporti politici e interessi commerciale, che hanno caratterizzato questa terra di confine negli anni dell’Unità d’Italia».
Alla presentazione odierna parteciperanno, oltre agli autori, l’assessore provinciale alla cultura Franco Panizza, Gianluca Ravasio della direzione immobiliare Italcementi Spa, Sandro Flaim, dirigente della Soprintendenza per i beni architettonici, Michela Cunaccia, direttore alla Soprintendenza per i beni architettonici. Brunella Brunelli dell’Archivio storico del Comune di Trento e Alberto Winterle, presidente dell’ordine degli Architetti PPC della provincia di Trento.