La ricostruzione dopo la catastrofe: da spazio in attesa a spazio pubblico
editore
INU Edizioni
anno
2013
luogo
Italia
opera pubblicata
Centro di aggregazione giovani ed anziani
pagine
151-154, 214
isbn
978-88-7603-096-3
a cura di
Valter Fabietti, Carmela Giannino e Marichela Sepe
progettazione
Elisa Burnazzi
foto
Carlo Baroni
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Magazine
Il Centro di aggregazione per giovani ed anziani di Poggio Picenze, L’Aquila
Il grave terremoto d’Abruzzo dell’aprile 2009 ha reso inutilizzabile la struttura di ritrovo sociale del comune di Poggio Picenze (AQ). Alla richiesta d’aiuto dell’amministrazione comunale rispondono, tra gli altri, l’Associazione Nazionale Cantanti, il gruppo La Provincia Editoriale e un Salvadanaio per l’Abruzzo. Dopo una prima stesura del progetto, previsto al posto del campetto da gioco in cemento del parco urbano, nel 2011 l’amministrazione decide di localizzare il Centro vicino all’area sportiva. L’edificio, che riformula l’opera il “Grande Cretto” di Burri, vuole celebrare la vita che rinasce, grazie all’uso di materiali naturali, con il tetto coperto a prato rustico e le facciate inverdite, e il valore della memoria attraverso l’andamento a zig-zag dei volumi che ricorda le crepe verificatosi in seguito all’evento sismico. Il Centro di aggregazione sociale, composto da un volume principale chiuso al quale si affiancano altri due manufatti aperti, può ospitare circa 130 persone, è su un unico livello ed ha una superficie interna di circa 240 mq.
2009
La prima ipotesi progettuale Il nuovo Centro di aggregazione sociale per giovani ed anziani di Poggio Picenze nasce per sostituire la vecchia struttura di ritrovo localizzata nel centro storico e resa inagibile dal terremoto del 6 aprile 2009. Il Comune vuole dedicare l’opera a Loris Cialfi (10 anni) ed Alena Ajrulai (11 anni), le più piccole tra le cinque vittime del paese in provincia de L’Aquila. All’appello dell’amministrazione rispondono prontamente diverse realtà tra cui l’Associazione Nazionale Cantanti, il gruppo La Provincia Editoriale e un Salvadanaio per l’Abruzzo. In seguito viene costituito un Comitato con il compito di gestire e coordinare la raccolta fondi, la progettazione e la realizzazione dell’edificio. L’impresa costruttrice, le ditte fornitrici ed sti sono concordi nel lavorare riducendosi i compensi. Un edificio integrato nel paesaggio e nel territorio L’amministrazione comunale, subito dopo l’evento sismico, intende localizzare il Centro di aggregazione all’interno del parco urbano, al posto del campetto da gioco in cemento. L’area del parco comprende, oltre alla chiesa di San Felice Martire due edifici pubblici prefabbricati dedicati all’asilo e alla scuola elementare, lì trasferiti in seguito al terremoto. Oltre agli edifici vi sono spazi destinati allo svago, il campo da calcio, quelli da tennis, la bocciofila, il campetto di pattinaggio in cemento ed infine il teatrino all’aperto. L’idea abbracciata dal primo progetto (progetto architettonico definitivo ed esecutivo: Burnazzi Feltrin Architetti – Elisa Burnazzi e Davide Feltrin/Paolo Pegoretti/Serena Sorgi) è quella di costituire un parco continuo tra il sagrato della chiesa e la bocciofila, con l’inserimento tra di essi, senza soluzione di continuità grazie alla copertura verde, del Centro di aggregazione. La volontà di collocare il complesso all’interno del parco, assecondandone ed enfatizzandone l’andamento planimetrico, rende la struttura parte integrante del paesaggio e del territorio. Planimetricamente questo primo complesso di circa 400 mq è composto da quattro corpi di fabbrica ad un piano disposti a pettine rispetto ai servizi e ai percorsi comuni; comprende quattro sale di diversa dimensione e due alloggi di prima accoglienza. E’ in prefabbricato di legno, fronteggiato da orti e da un frutteto, per integrarsi il più possibile nel bellissimo paesaggio circostante.
2011 – …
La seconda ipotesi progettuale e la cantierizzazione Nel 2011 l’amministrazione decide di posizionare la costruzione in un’area differente del parco urbano, questa volta in prossimità dell’ingresso all’area sportiva, ossia al posto dell’ex area logistica del campo terremotati, nei pressi del campo da calcio. Da quest’area che all’occorrenza ha la funzione di parcheggio, si gode davvero una bella vista: la chiesa di San Felice, il centro storico, il parco urbano che a loro volta hanno come sfondo il paesaggio offerto dai monti abruzzesi, aspro e dolce allo stesso tempo. Gli accessi avvengono direttamente dalla via Benedetto Croce, per mezzo di due ingressi, entrambi carrabili; il sito è già servito da linee elettriche, da quelle delle acque bianche e nere.
Un edificio custode della memoria
Date le diverse caratteristiche dell’area e le nuove esigenze funzionali, comunicative ed emotive che si sono venute a creare, viene elaborato un nuovo progetto (progetto architettonico definitivo ed esecutivo: Burnazzi Feltrin Architetti – Elisa Burnazzi; direzione lavori architettonica: Burnazzi Feltrin Architetti – Davide Feltrin). Il nuovo Centro di aggregazione pur recuperando molti valori del progetto precedente, vuole anche veicolarne di nuovi. All’originaria volontà di costruire un edificio legato al paesaggio abruzzese, si aggiunge il valore della memoria. Anche il nuovo complesso attribuisce alla natura una valenza positiva, volendo ispirare nei suoi fruitori una rinnovata fiducia in essa e nell’uomo. I ragazzi e gli anziani si ritrovano finalmente assieme, in una costruzione dalla copertura e dalle facciate verdi, potendosi occupare della sua cura e manutenzione, avendo la possibilità di coltivare non solo in senso metaforico, ma anche concreto, la speranza nel futuro. Inoltre nel 2011, essendo trascorsi due anni dal terremoto, periodo in cui la società civile italiana aveva gradualmente dimenticato quanto accaduto in Abruzzo, i nuovi volumi con il loro andamento a zig-zag vogliono evocare delle ideali crepe, ricordo dell’evento sismico verificatosi. L’intento progettuale è di rielaborare l’opera il “Grande Cretto” di Burri, eseguita a Gibellina tra il 1985 e il 1989, in seguito al terremoto del Belice (1968) dove erano morte circa trecento persone. In quest’opera il cemento bianco che assieme alle gabbie di acciaio ingloba le macerie del paese, costituisce una sorta di sudario che cela la distruzione e in tal modo la enfatizza. Il visitatore cammina tra muri alti un metro e sessanta, in fenditure di due/tre metri, provando sentimenti di profonda commozione, ma anche di smarrimento. Il cemento, un prodotto artificiale, riveste quanto la forza della natura aveva distrutto, in gran parte a causa della negligenza dell’uomo; questo materiale sembra perpetuare con severità, all’infinito, l’ammissione di una colpa. A Poggio Picenze varie ragioni avevano portato a compiere delle scelte differenti. Uno dei motivi principali risiede sicuramente nella finalità stessa del manufatto che non ha l’ardire di essere un’opera d’arte, come nel caso di Burri, perché prima di tutto è un’architettura che deve essere funzionale, quindi fruibile anche al suo interno oltre che all’esterno, di dimensioni tali da consentire varie attività, e costruita con tecnologie e materiali in grado di garantire un adeguato livello di benessere. Per questo il nuovo Centro di aggregazione è situato ad una certa distanza dalla vecchia struttura andata distrutta nel terremoto e dal luogo dove avevano perso la vita i cinque abitanti, tre bambini e due donne. In questo contesto, a differenza dei paesi della valle del Belice che erano state terra di emigrazione, Poggio Picenze per contro lo è di immigrazione. In questo Comune abruzzese italiani ed immigrati, in particolare macedoni, avevano salvato decine di persone, di tutte le nazionalità. Ed è qui che il rivestimento dell’edificio gioca un ruolo fondamentale; gli elementi naturali, il legno e le piante, avvolgono il volume costruito dall’uomo. Come il verde celebra il ciclo della vita, così il Centro di aggregazione vuole ricordare il coraggio dei padri e delle madri che avevano scavato a mani e piedi nudi nelle macerie, per salvare
non solo i propri figli ma anche quelli degli altri. E come la natura rinasce, anche in condizioni difficili, su terreni poveri di nutrimento, così la vita si rinnova negli spazi esterni come in quelli interni, grazie all’opera di tutti coloro che lavorando o svagandosi condividono un fine comune, un luogo in cui stare assieme. Le mutate necessità dell’amministrazione comunale prevedono che l’edificio sia posizionato fisicamente vicino alle strade carrabili e che la maggior parte della superficie dell’area sia destinata, non tanto al volume edificato, ma al parcheggio, a servizio del Centro e dei campi sportivi. Questi due nuovi elementi vincolanti obbligano a lavorare affinché divengano risorse utili al funzionamento del progetto; la progettista decide quindi di rivolgere il retro del complesso verso i posteggi, mentre la facciata principale, con le sue ampie aperture, guarderà verso il paese, in direzione sud-ovest. Gli accessi originari, solo carrabili, sono ora divisi tra carrabili e pedonali, per aumentarne la sicurezza; i primi sono in ghiaia nei colori delle terre del luogo, i secondi in battuto di cemento con inerti locali. Due costruzioni aperte destinano a parcheggio dodici posti auto e circa venti per biciclette e motorini. I pedoni una volta lasciato il loro mezzo di trasporto percorrono un “sentiero protetto” che evoca le strette vie del centro storico, poco distante. Questo “sentiero”, ricavato tra le due costruzioni maggiori, con i suoi tre metri e sessanta di larghezza, dato simile alle fenditure di Gibellina, è però compreso tra muri alti quattro/cinque metri. Esternamente tutti i prospetti presentano un rivestimento in legno di larice naturale, essenza che è stata utilizzata anche per i serramenti, e sono inverditi, grazie ad una serie di cordini da roccia colorati sui quali salgono i rampicanti. Le due pergole affiancano il volume principale, chiuso, che presenta una copertura a prato rustico. Il corpo principale, capace di accogliere circa centotrenta persone, provenienti sia dal Comune di Poggio Picenze che da quelli limitrofi, è sviluppato su un unico livello ed ha un’estensione di circa 240 mq netti interni. Al suo interno trovano posto la hall d’ingresso, due sale polivalenti, la biblioteca con annesse postazioni internet, una sala musica, oltre ai servizi, al magazzino e agli spazi aperti, ma coperti. Il progetto d’arredo, ispirandosi al paesaggio circostante che con il parco, la chiesa ed i monti sullo sfondo evoca situazioni di grande vitalità, ma anche di calma, prevede che nei mobili vengano utilizzati principalmente materiali naturali, come il legno chiaro, e colori neutri uniti al verde, declinato nella tonalità lime. Il Centro di aggregazione sociale è work in progress; se in un prossimo futuro verranno reperiti altri fondi, gli arredi potranno essere acquistati e la hall d’ingresso sarà fornita di cucina, attualmente solo predisposta nella parte impiantistica. Dal punto di vista della struttura, le fondazioni e le pareti sono in calcestruzzo armato, mentre i solai di copertura sono di due tipi: alleggerito in lastre predalles e alveolare di tipo RAP. Le pergole del parcheggio sono realizzate con strutture in acciaio. L’involucro del corpo principale presenta una controparete interna con isolante minerale in lana di roccia di spessore 4 cm, un isolamento esterno in polistirene estruso ecologico ed ecoefficiente (prodotto con espandente ecologico e completamente recuperabile e riciclabile a fine vita) di spessore 12 cm. Anche la copertura ed il solaio controterra sono isolati con gli stessi pannelli in polistirene estruso ecologico ed ecoefficiente, ma di spes sore 16 cm. Gli infissi sono composti da telai in legno lamellare di larice e vetri basso emissivi con doppia camera. I valori relativi al coefficiente di trasmittanza termica (U) delle varie componenti dell’involucro sono: U pareti esterne = 0.194 W/ mqK, U copertura = 0.221 W/mqK, U solaio controterra = 0.221 W/mqK, U infissi = 0.9 W/mqK. Per quanto riguarda l’impiantistica è previsto un impianto di illuminazione interno, esterno e di forza, un impianto telefonico/dati e TV, mentre è predisposto un impianto di allarme antintrusione. La parte meccanica dell’impiantistica comprende l’impianto di climatizzazione, del tipo a ventilconvettori montati a soffitto con regolazione mista climatica/ambiente, costituito da una centralina climatica collegata anche ai termostati d’ambiente. La distribuzione del calore avviene per mezzo di collettori con tubazioni del tipo multistrato, mentre la produzione è assicurata da una pompa di calore aria/acqua. Anche l’impianto idrico-sanitario è caratterizzato da un sistema di distribuzione del tipo a collettori con tubazioni del tipo multistrato; il suo sistema di produzione sarà la stessa pompa di calore aria/acqua utilizzata per la climatizzazione. Attualmente è terminata la fase di progettazione esecutiva; l’inizio della cantierizzazione dell’edificio è previsto per la primavera del 2013, mentre si presume che il suo completamento avverrà entro la fine dell’anno1.
Dalla stazione al castello: una cerniera di funzioni per L’Aquila
Il progetto si basa sulla riqualificazione dell’area lungo le mura della città de L’Aquila, colpita dal sisma del 6 aprile 2009, inserendosi in un contesto più ampio di Ricostruzione, e esprimendosi attraverso la creazione di spazi sociali con l’inserimento di funzioni pubbliche al fine di riportare la quotidianità e rigenerare quell’identità perduta nella frammentazione della comunità. Lo studio territoriale, urbanistico e sociale della Valle dell’Aterno, ha portato a definire un nuovo assetto territoriale che prevede il potenziamento della linea ferroviaria esistente. Il percorso urbano dalla stazione ferroviaria al Castello diventa un fil-rouge che lega servizi pubblici, attività commerciali e luoghi di aggregazione, valorizzando le mura e gli elementi urbani esistenti prima del sisma. La proposta si inserisce nella fase di Ricostruzione a lungo termine, offrendosi come cerniera tra due brani di città per il rilancio della città-territorio nell’immediato post sisma.