Il Resto del Carlino Rimini
editore
Poligrafici Editoriale
anno
2018
luogo
Italia
progettista intervistata
Elisa Burnazzi
pagina
11
numero
15 dicembre 2018
autrice
Maddalena de Franchis
progettazione
Elisa Burnazzi
foto
archivio di studio
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Magazine
«Premiato il nostro progetto che dà speranza ai terremotati»
Esposto alla Biennale il lavoro dell’architetto Elisa Burnazzi
Due anni fa archdaily.com, il sito web di architettura più visitato al mondo, l’ha inclusa tra le quindici donne più influenti nell’ambito della progettazione architettonica, accanto a giganti del calibro di Zaha Hadid e Kazuyo Sejima, creatrice del prestigioso studio giapponese Sanaa. È solo uno dei tanti riconoscimenti al talento dell’architetto Elisa Burnazzi, nata a Rimini 44 anni fa e trapiantata per amore a Trento, dove, nel 2003, ha fondato uno studio assieme al marito e collega Davide Feltrin. Proprio un progetto dello studio ‘Burnazzi Feltrin Architetti’ è stato selezionato fra cinquecento candidati ed esposto in occasione della 16° Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, recentemente conclusa.
Quale progetto avete presentato alla Biennale?
«Abbiamo presentato il Centro di aggregazione per giovani e anziani di Poggio Picenze, in provincia de L’Aquila. Qui il sisma del 2009 aveva causato la morte di cinque persone: tre di queste erano bambini. La vicenda ha commosso l’opinione pubblica a tal punto che alcune realtà, tra cui la Nazionale Cantanti, hanno costituito un comitato per la costruzione di un nuovo centro civico. La commissione ci è stata affidata nel 2011, i lavori sono iniziati nel 2014 e terminati dopo appena un anno: dal giorno della sua inaugurazione, l’edificio è sempre stato pienamente operativo».
Quali idee vi hanno guidato nella progettazione del Centro?
«L’obiettivo era costruire una struttura funzionale e bella, adatta ad accogliere circa duecento persone di ogni età. Ma, soprattutto, sognavamo un edificio che potesse lenire le ferite interiori degli abitanti e restituire loro speranza nel futuro. Gli abbiamo dato, dunque, una forma a zig-zag, che ricordasse le asperità della terra dilaniata dal terremoto. La speranza è invece rappresentata dalle facciate e dal tetto verdi, ricoperti di una vegetazione rigogliosa».
Come viene utilizzato attualmente?
«Fin dalla sua apertura è gestito dal Centro Sportivo Italiano. Nelle sale e negli spazi aperti e coperti si svolgono diverse attività, dalle lezioni di ginnastica ai compiti pomeridiani di bambini e ragazzi. Le pergole del parcheggio accolgono concerti, giochi di squadra e cene sociali. Vista dal parco urbano, la struttura è ormai parte integrante del paesaggio naturale abruzzese».
Quando non è in giro per il mondo, la si vede spesso nella sua città natale.
«Sì, sono molto legata a Rimini. Le prime commissioni della mia carriera, per la costruzione di alcuni asili comunali, vengono proprio da qui. Progettare edifici ‘belli’ serve solo per comparire sulle riviste di architettura: ciò che conta davvero è progettare edifici in cui le persone si sentano bene e siano felici». Maddalena de Franchis