IL LIBERO PROFESSIONISTA RELOADED
publisher
Lp Comunicazione
year
2024
place
Italia
interviewed designer
Elisa Burnazzi
pages
130-133
issue number
23 – 2024
author
Enrico Bergamo
photos
Carlo Baroni
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Magazine
UNO STUDIO A MISURA DI PROFESSIONISTA
Mai come oggi la progettazione degli spazi di lavoro è strategica. Gli ambienti devono essere accoglienti, sostenibili, in linea con l’immagine che si vuole dare del proprio studio. La scelta dei materiali? Dipende dall’area strategica di ognuno.
Open space sì o no? «Dipende dai casi specifici, cioè in base all’organizzazione interna e alle esigenze dello studio. Ultimamente, anche per via del costo sempre più elevato dei metri quadri soprattutto nelle grandi città, c’è stata una prevalenza degli open space, che richiedono meno spazio per ospitare una certa quantità di persone. Per organizzazioni più articolate, diventa problematico invece gestire troppi collaboratori in uno stesso ambiente, benché uno spazio condiviso stimoli la cooperazione. Come dicevo, dipende da caso a caso e di che tipo di attività professionale stiamo parlando: noi lavoriamo in open space perché abbiamo interazioni continue da parte dei team di lavoro sui vari progetti», mentre hanno esigenze opposte, per motivi di privacy, i professionisti di uno studio associato di psicologia. La presenza del verde interno, quale elemento dall’elevato valore estetico e di cura (oltre che per la salutare funzione di assorbimento di onde elettromagnetiche e sostanze volatili dannose) è considerata tra le funzioni più rilevanti per una buona vita in ufficio anche dall’architetto Elisa Burnazzi, fondatrice nel 2003, insieme al partner Davide Feltrin, di Burnazzi e Feltrin Architetti, a Trento. Il loro approccio prende avvio da un “Dream Book”, dove si raccolgono le idee, i desiderata, i sogni dei clienti: «Si parte sempre con l’obiettivo di trovare un equilibrio, in maniera tale che il cliente si senta accolto», sostiene Burnazzi.
Un esempio? «Se un avvocato decide di aprire il proprio studio legale, nel progettarlo si deve valutare quale tipo di clientela in quegli spazi farà il proprio ingresso e quale immagine si vuol dare per non tradire le aspettative. Quindi, se il focus di un giovane neo avvocato è l’assistenza al mondo delle associazioni, quelle di categoria, le OnG, le realtà no profit, gli spazi e l’arredo dell’ufficio dovrebbero raccontare questa sensibilità, magari con grafiche ad hoc, arredi dai materiali naturali, oggetti che derivano dall’upcycling, o riutilizzo creativo. Se invece lo studio è quello di un avvocato che ha per clienti imprenditori, liberi professionisti, uomini d’affari è quasi naturale che costoro, entrando in quello studio si aspetteranno mobili in stile classico, tappeti, lampade di design, stampe antiche e quadri d’epoca». Ovviamente anche i colori aiutano a creare un’atmosfera accogliente. «Sì, insieme ai materiali», continua Burnazzi: «Per esempio, tempo fa abbiamo progettato gli uffici di un’agenzia immobiliare. Il titolare ci ha detto che il momento dell’acquisto, o della vendita, è quello più delicato, perché ai più freddi calcoli logicirazionali si sommano aspetti più emotivi. Ecco perché abbiamo scelto per quegli spazi materiali caldi, come il legno alle pareti, e colori avvolgenti, come l’arancione. Mentre, nell’ufficio del geometra, il primo contatto tra cliente e agenzia, dove la concentrazione deve essere alta per raccogliere tutte le informazioni, abbiamo preferito ricorrere al bianco, sia sulle pareti che nella mobilia che nel pavimento in resina. Unica nota, di sorpresa, il rosso delle sedie di design che, essendo un colore vivo e acceso, serve a catturare l’attenzione».
Su come sia cambiata, negli ultimi anni, la condivisione degli ambienti di lavoro, i due esperti sono della stessa opinione: «L’interazione di oggi è più di tipo virtuale: chiamate e videocall», spiega de Gioia: «Questa tendenza ha ridotto l’esigenza di sale riunioni capienti, liberando spazi interni. Che vanno ottimizzati, per crearne di nuovi: più contenuti, capillari, insonorizzati, come una sorta di cabina telefonica 2.0 o piccole sale riunioni». Modulare l’ufficio in modo flessibile è anche la tendenza avvertita dall’architetto Burnazzi: «Il lockdown ha portato ancor più alla luce il bisogno dei lavoratori di riuscire a concentrarsi, senza distrazioni e senza disturbarsi l’uno con l’altro. Quindi se un collega deve fare una call con un cliente, ha bisogno di un box insonorizzato, una stanza del telefono, dotata di scrivania, in cui è libero di parlare senza il timore di disturbare gli altri o di essere disturbato da loro.»
«Progettiamo per i nostri clienti e per le loro comunità». Lo raccontano con orgoglio gli architetti Elisa Burnazzi e Davide Feltrin. Lo sappiamo, comunità è una parola scivolosa, tanto di moda quanto spesso poco efficace nel definire la realtà con una semplice etichetta. Non è però il caso della residenza di Borgo Valsugana progettata dallo studio Burnazzi Feltrin per una famiglia allargata: al nucleo che vive la casa si aggiunge infatti quotidianamente la vivacità delle tre famiglie degli edifici vicini. Lo spazio del giardino, molto verde e curato, si moltiplica quindi per chiacchiere, cene, giochi all’aperto. Tanto più che da qui si gode di una bellissima vista sui rilievi circostanti: la cima Dodici e il monte Ortigara. È quindi autenticamente protesa verso ‘l’altro’ l’architettura in prefabbricato di legno fatta di logge e grandi aperture per sfruttare il più possibile il sole anche d’inverno e, ovviamente, ammirare al meglio il panorama. I pannelli solari e fotovoltaici in copertura hanno un impatto visivo praticamente nullo. Invece l’edificio svela immediatamente la sua natura di costruzione a risparmio energetico, rispettosa delle risorse naturali grazie al rivestimento in listelli di legno di larice e agli infissi basso emissivi in abete laccato bianco. Così l’architettura si discosta dai materiali di facciata del contesto, legandosi con più armonia al paesaggio e alle tradizioni del luogo. Da un punto di vista compositivo, il piano terra è caratterizzato da una disposizione rettangolare che delimita gli spazi interni, tra cui la vasta zona giorno, lo studio, i servizi, il garage, e quelli esterni che si aprono sul vasto giardino quasi comunitario. Questa omogeneità viene messa in risalto dall’utilizzo della stessa tipologia di materiale, il legno, che avvolge la volumetria a due piani, elimina le falde sporgenti e nasconde alla vista elementi, come le lattonerie e i pluviali in alluminio, sicuramente essenziali ma sgradevoli in un contesto così coerente. Il risultato è la sintesi della filosofia dello studio Burnazzi Feltrin e delle sue due anime: Elisa Burnazzi, nata e cresciuta a Rimini, trentina d’adozione e Davide Feltrin, trentino, vissuto in tutta Italia. «Forse è proprio perché veniamo una dal mare e l’altro dalla montagna che abbiamo caratteri opposti. Questo è uno dei nostri punti di forza: la nostra dualità ci permette di essere empatici e cogliere le diverse opportunità progettuali. Secondo noi, il due è il numero perfetto in architettura». La dialettica del ‘due’ si muove anche tra gli opposti del minimalismo e del massimalismo, alla ricerca di nuovi e originali punti di equilibrio. Nella progettazione degli interni, per esempio, la precisione millimetrica degli arredi su misura, come la cucina e le armadiature, mette in risalto la presenza delle lampade, grande passione dei padroni di casa. Ispirazioni nordiche del marchio danese Kooduu si accostano alle creazioni luminose del designer e maker neozelandese David Trubridge e alle collezioni made in Italy di Artemide e iGuzzini. Il giro del mondo continua anche attraverso le scelte, non scontate, di arredi e accessori. Alle pareti, tante opere d’arte e fotografie: i bianchi e neri poetici di Ansel Adams si mixano al colore di Matteo Boato e agli scatti del fotografo di Trento Michele Vettorazzi, con qualche incursione del visual artist Marcello Nebl. Tutto intorno parla la natura e la voglia di stare insieme, con gioia e armonia.